COVID-19 e brevettazione in ambito farmaceutico

Massimiliano Patrini – 1 giugno 2021

La Dichiarazione di Roma del 21 maggio 2021, resa all’esito della riunione del G20 nell’ambito del Global Health Summit, ha fatto seguito alle recenti dichiarazioni di Biden e di altri esponenti della politica nazionale e internazionale, nonché alla mozione approvata qualche giorno fa dall’Europarlamento, che hanno portato all’attenzione dell’opinione pubblica il tema del rapporto tra pandemia e tutela brevettuale dei farmaci – in primo luogo dei vaccini – sviluppati per contrastarla.

Il dibattito può essere sintetizzato nel confronto tra due posizioni: da una parte coloro che spingono per una sospensione dei brevetti, con l’obiettivo di una più ampia condivisione delle soluzioni tecnologiche – brevettate e non brevettate – sottostanti alla produzione dei farmaci; dall’altra parte, coloro che ritengono che un intervento di questo tipo sarebbe non solo di difficile –  se non impossibile – realizzazione, ma anche sostanzialmente inutile e, addirittura, potenzialmente dannoso.

Rispetto ai riflessi giornalistici che hanno fatto seguito alle affermazioni dei leader politici nelle scorse settimane, la Dichiarazione di Roma ha il merito di introdurre nel confronto spunti di riflessione più articolati, che trovano espressione nei sedici principi attraverso i quali i rappresentanti degli Stati membri hanno ritenuto di esprimere le loro raccomandazioni per individuare e implementare una governance del settore farmaceutico, inteso in senso ampio e tale da includere non solo le aziende private ma anche i sistemi sanitari nazionali, che ambisca a coniugare equità e solidarietà a vantaggio nei Paesi meno avanzati, con le esigenze di tutela  degli investimenti nella attività di ricerca e sviluppo nel settore privato.

Tra questi principi, quello che prende posizione più diretta sul tema della gestione della proprietà industriale e intellettuale stabilisce che deve essere favorita la condivisione di esperienze e dati, la stipula di accordi di licenza e di accordi di trasferimento volontario di tecnologia e know how su basi reciprocamente concordate.

Occorre quindi domandarsi quali potrebbero essere, in concreto, le modalità per attuare questa condivisione di informazioni.

Il brevetto farmaceutico

In primo luogo è opportuno rammentare che il brevetto incorpora in sé una duplice esigenza:

  • favorire lo sviluppo e la ricerca attribuendo a chi investe in tali attività l’aspettativa di godere in esclusiva dei vantaggi derivanti per un certo periodo di anni;
  • restituire alla collettività, quindi alla pubblica utilità, tali benefici dopo un certo periodo di tempo.

Nel settore farmaceutico, dove il periodo di ricerca può essere molto lungo esiste, non a caso, l’istituto dei cosiddetti “Certificati Complementari” che allunga la vita del brevetto oltre la naturale scadenza per il periodo che si è reso necessario ad autorizzare la sua immissione in commercio. Al contempo, l’ordinamento brevettuale (sia a livello nazionale, sia a livello convenzionale – Accordo Trips), proprio per garantire la tutela anche degli interessi collettivi, ha predisposto strumenti legali, di natura eccezionale, in base ai quali è possibile comprimere i diritti di esclusiva (artt. 141 e 142 Codice Proprietà Industriale).

In linea teorica dunque, anche la sospensione temporanea della validità del periodo di validità di un brevetto è una misura possibile, sebbene concretamente molto difficile da realizzare e comunque di dubbia utilità.

Sospensione dei brevetti e sua attuabilità

Sospendere il brevetto, ossia il diritto esclusivo di attuare una determinata invenzione, in particolare in un settore ad altissima specializzazione come quello farmaceutico, non comporterebbe alcun automatismo in merito al fatto che chiunque possa produrre il farmaco, senza consentire, al contempo, l’accesso a studi e dati confidenziali che riguardano, ad esempio, le fasi di sviluppo e sperimentazione, normalmente estranei ai testi brevettuali.

Occorre infatti considerare che i brevetti non contengono tutte le informazioni utili alla produzione del farmaco e che, nel caso specifico, le prime analisi condotte hanno già rivelato che, proprio i brevetti sui vaccini, anche per le tempistiche con i quali sono stati depositati, non possono essere considerati esaustivi da questo punto di vista.

La sostanziale inutilità di una misura di “sospensione” dei brevetti, potrebbe invece sortire l’effetto di scoraggiare o diminuire gli investimenti nel settore, causando un effetto dannoso sulla ricerca, che finirebbe con il riflettersi negativamente su tutta la filiera produttiva.

La Convenzione di Roma, al Principio 7 prende posizione proprio su questo tema, invitando ad operare, in maniera concordata, per trovare soluzioni di natura “contrattuale”, che consentano il passaggio e la condivisione di tutte le conoscenze utili al raggiungimento degli obiettivi dichiarati.

Stabilito il principio, sarà ora necessaria un’attività di natura interpretativa, non semplice anche per i profili di natura transnazionale che governano la gestione della proprietà industriale e intellettuale, che individui gli strumenti normativi e contrattuali utili per attuarlo. Potranno ad esempio essere oggetto di verifica i principi, già ampiamente consolidati in ambito brevettuale, delle cc.dd. licenze a condizione eque e non discriminatorie per l’accesso alle tecnologie governate da specifici standard. Limitazioni più incisive potrebbero poi riguardare il diritto di azionare il brevetto in sede giudiziaria, per scongiurare gli effetti paralizzanti che questi conteziosi potrebbero avere rispetto alla produzione e distribuzione dei vaccini.

Investimenti e rischi legati alla sospensione del brevetto

L’investimento nella ricerca in ambito COVID-19 rimane un’opportunità alla quale guardare con favore, tenendo in considerazione un duplice ordine fattori:

  • è verosimile che i brevetti e know how sviluppati per contrastare il COVID-19 possano servire per sviluppare vaccini e farmaci che troveranno mercato per un certo numero di anni, anche in relazione a diverse patologie, assicurando quindi un ritorno di medio lungo periodo;
  • lo sviluppo di farmaci legati a questo virus consente procedure di Autorizzazione all’Immissione in commercio accelerate e, quindi, una più rapida commercializzazione dei prodotti, garantendo quindi un ritorno più rapido all’investimento.

Sebbene, anche sulla base della Dichiarazione di Roma, non pare possano delinearsi attuali e concreti rischi “espropriativi” da parte di Autorità pubbliche, sul piano contrattuale è comunque raccomandabile, per chi intenda investire nel settore, prevedere adeguate clausole di garanzia per l’eventualità che intervengano provvedimenti limitativi delle facoltà esclusive di sfruttamento, rispetto ai quali sarà comunque importante comprendere quale posizione assumerà il Parlamento europeo nella prossima seduta plenaria di giugno.

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